Gli uffici che generano innovazione

9 Aprile 2018

Nuovi termini e nuovi paradigmi sono entrati nel vocabolario degli architetti che si occupano di “workplace strategies”. Il concetto di “Activity-based Working”, che significa progettare spazi di lavoro, sia fisici che virtuali, orientati agli obiettivi di business delle aziende, riassume in tre parole la finalità della disciplina, che mira a creare una correlazione efficace tra i layout degli spazi lavorativi e la struttura organizzativa dell’azienda.

La vera complessità nasce dal fatto che il cambiamento epocale della tecnologia dell’informazione, delle modalità di lavoro e degli stili di vita ha reso gli uffici tradizionali indiscutibilmente obsoleti e inadatti a promuovere produttività e innovazione. A questo si aggiunge una necessaria nuova sensibilità ai temi ambientali ed energetici, che impone alle società comportamenti etici volti al contenimento dei consumi energetici degli immobili e alla riduzione della produzione di CO2.

Questi orientamenti spingono le società più attente a ricercare luoghi di lavoro aperti alla città, dotati di servizi di mobilità pubblica, equipaggiati di efficienti tecnologie ed estremamente performanti dal punto di vista degli impianti; luoghi adatti ad accogliere le nuove generazioni, con meno spazi chiusi e più aree comuni, dove la comunicazione, strategico driver dell’innovazione, possa fluire senza ostacoli. Si parla dunque di “smart working”, “cloud connected”, “workplace transformation”.

La trasformazione dei luoghi di lavoro dovrebbe procedere di pari passo con la trasformazione dell’ambiente urbano, che diventa “ufficio diffuso” perché ovunque “connesso”. Questo cambiamento porta con sè un cambiamento di paradigma nei modelli di sviluppo immobiliare con nuovi mix funzionali, anche in contesti fino ad oggi impensabili. Nell’era del digitale, la “rete” ha sovvertito e ridefinito il concetto di luogo e di spazio urbano. Lo spazio segregante, della visione funzionalistica, promosso dalle politiche di pianificazione urbanistica e progettuali di architetti e pianificatori del Movimento Moderno e ulteriormente incoraggiato dalla logica industriale del Movimento Taylorista, lascia ora spazio a nuove interpretazioni dello spazio dotato di mix funzionali, che mirano a creare micro-cosmi autonomi nel loro funzionamento. Questi luoghi, centrali o periferici che siano, supportati dalla rete digitale, dove funzioni residenziali, produttive, commerciali e servizi si integrano, consentono di contenere i flussi di mobilità urbana e soprattutto di frazionarli e svincolarli da orari determinati. Il mix funzionale crea un tessuto urbano e sociale molto diversificato e quindi più complesso, che necessita di maggiore flessibilità gestionale, di sistemi di controllo e sicurezza più articolati ma che offre più opportunità ai cittadini, sia in termini di qualità della vita sia in termini di inclusione sociale.

Questo processo di disgregazione dello spazio fisico, quale unico luogo dove poter svolgere l’attività lavorativa, innescato dalla digitalizzazione della rete, ha reso sempre più appetibili i luoghi della città ben dotati di servizi, sia in termini di mobilità che di dotazioni tecnologiche, i cosiddetti “luoghi condensatori di attività”, che massimizzano accessibilità e interazione. Le città restano insostituibili motori di crescita economica, luoghi di innovazione e comunicazione, incubatori di conoscenza e di talenti.

Stiamo descrivendo un processo in corso, sotto gli occhi di tutti anche se ancora debole in molte sue componenti.

Oggi, realisticamente parlando, il territorio italiano e non solo non è ancora in grado di offrire tecnologia efficiente egualmente diffusa e a costi accessibili a tutti e quindi ancora spesso il motivo per cui si va in ufficio è perché solo lì si trovano le migliori e più veloci dotazioni tecnologiche (nonstante si parli, ancorchè con una certa prudenza, di “remote working” in aumento). È comunque indubbio che la dissipazione dei confini fisici della produttività ha un forte impatto sull’identità e sulla cultura delle nuove aziende globali perché disgrega il luogo deputato a promuovere il comune senso di appartenenza ad una community.

Se inoltre il contatto umano resta indiscutibilmente lo strumento più efficace per l’apprendimento e lo scambio di competenze e informazioni, quali strategie possono mettere in campo le società per contrastare il pericolo di indebolimento?

L’attrattività dello spazio è un fortissimo driver per spingere le persone ad andare in ufficio, a volte anche più forte della facile accessibiltà. Il progetto architettonico e di interior devono oggi più che mai comunicare, anche in modo simbolico, i contenuti del brand proprio per preservare il senso di appartenenza all’azienda, la condivisione, l’interscambio tra le risorse. Gli spazi attirano le persone se confortevoli, simbolici, aggreganti e per questi i progetti più interessanti di nuove sedi, realizzati in Europa e nel mondo, hanno ribaltato clamorosamente le percentuali di spazi destinati agli uffici chiusi in netto favore delle aree comuni, socializzanti, dove poter svolgere attività lavorative in contesti informali. Lo spazio architettonico genera esperienze emotive e multisensoriali in grado di influenzare i comportamenti e l’economia comportamentale così come la psicologia ambientale e architettonica, da anni studiano l’impatto, a livello conscio e incoscio, sulle reazioni umane date dall’ambiente costruito. Recentemente le neuroscienze hanno persino dimostrato che le esperienze e gli ambienti in cui le viviamo modificano le connessioni dei neuroni nel cervello, cioè in altre parole ne modificano la struttura. Non meno importante, ai fini della riuscita dell’intero processo interpretativo del progetto è l’ approccio integrato alla progettazione (cioè analisi congiunta degli aspetti architettonici e impiantistici): le performance dell’edificio e i giusti dimensionamenti degli spazi rendono efficiente lo spazio e concorrono alla definizione dei drivers sopra menzionati, e alla nuova interpretazione dello spazio anche alla luce degli attualissimi processi di change managment.

Non è azzardato quindi affermare che se i luoghi di lavoro influenzano i comportamenti delle persone, ambienti di lavoro simbolici oltre che operativi, dove valori etici, sociali, culturali della società risultiano dichiarati nel progetto architettonico diventano potente leva strategica per la competitività.